NON ALLA LUNA, NON AL VENTO DI MARZO (Schena, 2006)

Un'operazione quindi quasi di cesellatura dei versi, in grado di attenuare il forte sentimento amoroso dominante nella maggior parte dei componimenti, per renderlo più meditativo, sulla scia di un gusto epigrammatico, tipico dell'era ellenistica, che diviene vero e proprio epigramma, allorché, in "Domizio", si intona un commosso ricordo del giovane che "amava i libri". Ma "la peste s'è presa / la sua giovinezza d'oro". (Pietro Magno, prefazione)

La Letteratura (il suo studio, la sua creazione originale nelle forme del canto, del racconto o della rappresentazione) è il 'mondo globale' di Palumbo, non già perché egli compensi con la finzione dell'arte un difetto di presa sulla realtà, ma perché coltiva la fiducia umanistica in una decifrazione della storia - quella personale-emotiva e quella collettiva-sociale - attraverso lo strumento acuminato del linguaggio e del pensiero. (Daniele Maria Pegorari, in "Les barisiens. Letteratura di una capitale di periferia. 1850-2010, Stilo, 2010")

Il poeta non può affidare il segreto del suo amore né alla luna né al vento di marzo, perché la luna è diventata un simbolo troppo frivolo e sdolcinato, e d’altra parte è stato dissacrato già nel 1909 dal futurista Marinetti col manifesto Uccidiamo il chiaro di luna!, e perché il vento di marzo, soffiando capricciosamente tra le imposte di casa, lascia decifrare il suo sospiro a chi, come il poeta, è nato proprio in quel mese. D’altro canto l’autore, pur negando la dedica ai due fascinosi elementi naturali, nominandoli li evoca pienamente qui e anche altrove. (M.I. de Santis, in "La Vallisa).

“Immolavo fantasticherie / sull’altare della mia purezza. / Come Isacco le ho salvate in corner...” L’arcobaleno dell’Ironia parte dal mito biblico per approdare, ilare, all’espressione tecnico-pallonara. È l’originalità spudorata di una poesia nuova. (Gianna Sallustio, in "Quindici").

Un discorso sempre poeticissimo, costruito attraverso un lessico scelto con maestria stilistica, in cui i termini sono accostati tra loro in maniera tale da ricreare una grande musicalità, all’interno di immagini bellissime e in cui il tumulto dei sentimenti, anche quando è forte e vorrebbe esplodere, riesce quasi sempre a sublimarsi nel piano dell’arte. (Mimmo Amato, lunedì 11 giugno 2007, La Vallisa, Bari)

Un viaggio ch’è in prima istanza un percorso dell’anima, un modo per guardarsi dento e scoprire gli aspetti più intimi e profondi della propria personalità, caratterizzata, tra l’altro, da una fragilità inconfessata e da una dolente nostalgia. (Diletta M. Cecilia Loragno, in “Primo piano”)

Stilisticamente la poesia di G.A. Palumbo è raffinata, sobria e musicale. Non semplice e colloquiale, non di facile immediatezza, non è però nemmeno astrusa e criptica; ha un suo timbro aristocratico che fa un tutt’uno con il clima di cui parlavo: è ricco di metafore ed analogie, risuona di echi e suggestioni letterarie. (Ada De Judicibus Lisena, in "L'altra Molfetta")

Il tema dell'attesa pervade ogni pagina in discreto contrappunto. Non si tratta di un'attesa inquieta e tormentata, ma è come una condizione di dolce sospensione, di riposo agognato che levita etereo sopra ogni cosa, di delicata nostalgia che non intristisce, piuttosto calma e ferma i pensieri. è per via di questo stato di grazia dell'animo che i ricordi riescono a inanellarsi silenziosi e discreti, portando con dignitoso orgoglio il carico di cui sono custodi e della cui rilevanza il poeta è consapevole. (Loredana Pietrafesa, in "La Vallisa").

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